mercoledì 20 agosto 2025

E veniamo, dopo aver reso pubblico il saggio divulgativo di cui parlavo in post precedenti, alla prima opera di trattazione di uno specifico tema che implica una serie di ragionamenti a carattere giuridico. Il saggio ha ad oggetto i rapporti tra Ambiente e P.A.

Ciò che segue è la parte introduttiva.

La introduzione in parola rappresenta una sintesi dello schema di lavoro che ho deciso di seguire nella redazione dell’elaborato. Vorrei iniziare con l’introdurre il lettore ad alcuni concetti, che ho inteso raccogliere in due insiemi distinti, in base, rispettivamente, al settore del diritto cui i suddetti concetti idealmente appartengono. Insiemi che, ciò nondimeno presentano dei punti di intersezione i quali consentono di trattare in maniera sintetica alcune delle norme,

2 dapprima costituzionali e successivamente rubricate in legge ordinaria, che riguardano: le prime la disciplina e l’attività della Amministrazione Pubblica, le seconde la disciplina e la tutela del patrimonio ambientale, nella misura e nel modo che, attraverso l’applicazione delle norme come sopra definite, l’attività e le prerogative della Pubblica Amministrazione, non vadano a contrapporsi all’esigenza di tutela e protezione dell’ambiente da fenomeni deteriori a carico di quest’ultimo, fenomeni dovuti come appena detto, ad una o a più “operazioni di modifica” dell’assetto di un qualsiasi ecosistema, il che sarebbe a dire di un qualsiasi elemento o insieme di elementi di origine naturale, il quale sussiste in virtù di meccanismi autonomi come ad esempio l’ecosistema costituito dalla flora e dalla fauna del Congo. Poiché da decenni è universalmente noto che le foreste congolesi costituiscono, con termine giornalistico, il “polmone dell’ecosistema terrestre” direi che parlare per un attimo di ciò che si verifica nell’ecosistema congolese a causa dell’intervento dello Stato e della sua “componente” di Amministrazione pubblica nello sfruttamento indiscriminato delle risorse presenti in loco, possa contribuire a chiarire ciò che accade quando l’aspetto della modifica ambientale a fini di profitto va a confliggere con la tutela della prosperità dello stesso contesto ambientale. In Congo esiste un legame tra politica e multinazionali rivolto allo sfruttamento indiscriminato delle risorse di superficie, a maggiore consumo perché più agevolmente appropriabili, cioè in sostanza la flora e la fauna, oppure di risorse non direttamente fruibili, in quanto per renderle proprie occorre maggiore impiego di risorse economiche e infrastrutturali. Si parla di sostanze come il petrolio, o il carbone, che come è noto devono, per forza di cose, essere estratti e raffinati perché possano essere utilizzati in maniera economicamente redditizia. Tutto ciò che ho appena detto sul Congo 

3 può essere esteso, procedendo per analogia, anche a quanto si potrebbe dire riguardo ad altre realtà internazionali, ad esempio la Foresta Amazzonica. Si parla di biosfera o ecosistema. La differenza tra i due termini è rispettivamente quantitativa, ma in sostanza essi hanno lo stesso significato, cioè di unità ambientale in equilibrio per quanto attiene alle risorse disponibili e alla produzione e riproduzione di risorse, in assenza di interventi umani deteriori o peggiorativi delle condizioni ambientali in loco.

4 La situazione del Congo, che in questa sede può essere solo accennata è peraltro molto simile a quella di molti Stati africani. Si veda in proposito J. Reader, Africa. Biografia di un continente, Mondadori, Milano, 2017.

Per quanto riguarda riguarda la nostra “piccola Italia”, va pur detto che noi Italiani non disponiamo delle risorse ricavabili invece dall’ambiente naturale congolese, e cionondimeno alcuni fenomeni di scontro tra provvedimenti della Pubblica amministrazione, sfruttamento di risorse e esigenze di tutela ambientale possono astrattamente ma anche in maniera molto concreta, verificarsi anche in Italia. Lo scopo di questo mio lavoro è innanzitutto la ricerca dei provvedimenti della Pubblica Amministrazione aventi ad oggetto la tematica ambientale; per poi individuare e commentare quei provvedimenti che espressamente o tacitamente, direttamente o indirettamente, costituiscono un pericolo per l’ambiente naturale, o per meglio dire sono idonei a produrre, concretamente o con tutta probabilità se non di fatto, un danno all’ambiente. Il primo capitolo della presente scrittura è inteso a descrivere e commentare quelle che sono le disposizioni costituzionali poste a disciplina della biosfera, cioè dell’ambiente naturale, e successivamente quelle emanate dalla Pubblica Amministrazione per poi commentare la normativa inerente agli scopi che mi propongo in questo primo capitolo del presente scritto, cioè individuare quel tipo di provvedimenti amministrativi che potrebbero incidere in maniera deteriore sul “demanio” naturale, ossia su tutto ciò che la natura produce in assenza di sfruttamento umano e che peraltro è in proprietà dello Stato allo stesso modo in cui la Pubblica Amministrazione è una componente dello Stato. Ovviamente quando scrivo “in maniera deteriore” mi riferisco all’eventualità, purtroppo sempre presente, di provvedimenti adottati dalla Pubblica Amministrazione che determinino danni all’ambiente, ad esempio perché le direttive di cui sono destinatarie sempre le PP.AA. vengono mal comprese e i conseguenti atti e provvedimenti non corrispondono all’esigenza di una adeguata gestione delle risorse: adeguata alle necessità ambientali nel senso di non arrecare danni all’ambiente se ciò non è indispensabile. Ciò che in altre parole è contenuto nel primo capitolo del presente lavoro è dapprima un accenno agli articoli 9 e 32 4 della Costituzione in materia ambientale, successivamente la trattazione della disciplina costituzionale, relativa alle PP.AA. e degli articoli relativi.

Infine il T.U. 5 relativo all’ambiente, allo scopo di individuare, se ve ne sono, eventuali antinomie presenti tra questi sistemi di regole nella loro vicendevole compenetrazione. Il secondo capitolo del presente lavoro è teso ad elencare e commentare la principale causa delle interazioni negative tra uomo e ambiente, e cioè le attività industriali. Si potrebbe anche affermare con un certo grado di sicurezza che non è l’industria ma l’agricoltura a causare la deforestazione. Ciò corrisponde al vero solo in parte. Esistono in natura luoghi talmente ricchi di risorse, ad esempio i diamanti della Costa d’Avorio, in cui l’interesse per la deforestazione, cioè alla eliminazione della flora che pure in quegli stessi luoghi è molto abbondante, è relegata in secondo piano in quanto i diamanti hanno un valore così elevato sui mercati internazionali da rendere del tutto irrilevante lo sfruttamento delle foreste. Tutto ciò, ripeto, nella prospettiva di una possibile omissione di controllo da parte delle Pubbliche Amministrazioni e nei riguardi sempre dell’ambiente, nella misura in cui le attività industriali vanno ad incidere negativamente sull’ambiente naturale in prossimità del sito ove le suddette attività si svolgono. Va anche ricordato però che coloro che, tra i privati, gestiscono una attività industriale, molto probabilmente collocheranno la propria attività presso luoghi naturali ove “scaricare” i prodotti di scarto dell’attività industriale in parola, nei casi in cui tali prodotti non siano trasportabili in altro loco, come le scorie nucleari, oppure nell’atmosfera, come il percolato che si forma dopo un certo tempo nelle discariche a cielo aperto e che poi evapora aumentando il livello di inquinamento degli agglomerati urbani viciniori. Ma parlerò anche di quelle normative a carattere ideologico che prepongono la materia della tutela ambientale alla implementazione dello sviluppo economico, se questo si realizza attraverso una inevitabile compromissione della realtà ambientale del territorio. Il terzo capitolo del presente lavoro è relativo alla materia “tutela dell’ambiente” per come essa materia è concepita a livello europeo, cioè a livello di Testo Unico sull’ambiente, provvedimento del 2006.

7 L'introduzione in parola è tratto da un’opera accademica relativa ai rapporti tra ambiente e sviluppo industriale. Il titolo dell’opera, che ha come autore un ricercatore della Università degli studi della Campania, ed è intitolata al “diritto dell’ambiente e dell’energia”, sulla base anche di profili comparativi, cioè di confronto tra le "nostre" politiche ambientali e le politiche ambientali di altri ordinamenti.

8 UE, e a quali sono i provvedimenti più rilevanti adottati in sede europea per venire incontro ad una esigenza, peraltro molto pressante di conciliare capitalismo, cioè sviluppo, e ambientalismo, ossia una tendenza non solo politica, che è presente anche in molti provvedimenti che a tal proposito mi paiono essere dirimenti, provvedimenti adottati ovviamente in Sede Europea, e che mi pare sostanzino l’espressione, peraltro assai diffusa di “sviluppo sostenibile”. La tendenza che mi pare di cogliere nello zelante impegno UE a tutela dell’ambiente è quella per la quale occorre, anche ai fini dell’attribuzione all’UE di una Costituzione condivisa, e cioè in primis la qualità di Stato federale o confederale, una qualità che sia riconosciuta ufficialmente, cioè “costituzionalmente”, ossia fare in modo che tra le multinazionali 8 del petrolio, e le organizzazioni ambientaliste, ad esempio Greenpeace 9 , che vedono nell’ambiente naturale un bene la cui tutela è imprescindibile dalla sopravvivenza dell’intero “orbe terracqueo”, si trovi un accordo, ovviamente attraverso la dialettica parlamentare in sede UE. Accordo in virtù del quale innanzitutto e “soprattutto” adottare uno stile di vita sano per ridurre gli sprechi e le brutture di una società che, se non rispetta sé stessa in ogni singolo individuo che di essa società è parte, allora può ottenere, in virtù delle proprie scelte, soltanto conflitti, brutalità, disparità non colmabili nel reddito pro/capite di ciascuno, criminalità, asocialità, guerriglia urbana. Basta leggere un giornale o una rivista a carattere internazionale o magari un testo accademico inerente, per capire la situazione. Il quarto capitolo dello scritto è invece focalizzato su un “certo” tipo di inquinamento, anzi su due casi emblematici di come lo sviluppo economico possa nuocere all’ambiente, non importa se ambiente di lavoro o ambiente urbano o ambiente naturale: il caso della contaminazione da amianto e il caso della contaminazione da radiazioni, con particolare riferimento al “caso Chernobyl.” Il quinto capitolo sarà invece teso, in una prospettiva internazionale, al commento delle modalità di crescita economica di alcune Nazioni in via di sviluppo, ma ormai divenute abbastanza ricche da poter competere, se non altro in prospettiva, con le maggiori potenze economiche e militari del mondo contemporaneo, soprattutto occidentale. Parlerò in particolare della Cina. Il sesto e ultimo capitolo vorrebbe essere un commento a un’opera velatamente tecnico/scientifica scritta da un professore americano: Jeremy Rifkin, commento che mi appare necessario a chiarire anche ai “profani”, cioè a coloro che non sono scienziati di professione ma che nutrono comunque un certo interesse per i temi scientifici, certe espressioni e certi modi di dire che pian piano verranno fuori nel corso della scrittura.

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